FOIBE, ESODO E BUONE AZIONI DI BENITO MUSSOLINI

Passato il giorno della Memoria della Shoàh (27 gennaio), col contorno di infelici esternazioni pro mussoliniane del cav. dotato di “quid”, il 10 febbraio si celebrerà il giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo di tanti italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Celebrazione doverosa, ma che da destra è stata vissuta (e ancora spesso lo è) come un fare “pari e patta” con la Shoàh. Un pareggio blasfemo e inaccettabile anche se infoibamenti ed esodo furono autentiche tragedie.

Alcune delle tante tragedie, fatte di vendette e di spostamenti di popolazioni, che coronarono la seconda guerra mondiale scatenata da Hitler seguìto da Mussolini. Quel Mussolini le cui buone azioni, dopo le eroiche gesta dello squadrismo omicida, gli incendi delle case del popolo, delle cooperative e delle leghe sindacali rosse e bianche (istituì i sindacati, dice una certa Rigon…), sfociarono nella dittatura e continuarono con la sequela ininterrotta di guerre dal 1935 (Etiopia)  al 1936-1938 (Spagna, con Hitler al fianco di Franco) , pugnalata alla schiena della Francia, invasione della Penisola Balcanica, sempre al seguito della Germania nazista.

E lungo tutto il ventennio, il “fascismo di frontiera”, da Trieste in giù, continuò, con violenza inaudita e troppo spesso ancora ignorata, quell’opera di “snazionalizzazione degli Slavi” che già lo Stato liberale aveva iniziato all’indomani del “radioso maggio 1918” con cui si concludeva “l’inutile strage” (definizione di Benedetto XV) della Prima guerra mondiale.

Alle violenze antislave iniziate nel 1920, il fascismo aggiunse poi i massacri, durante la guerra, di interi paesi, le deportazioni in campi di concentramento di  civili  dalla Jugoslavia (Arbe, Gonars…) all’Albania. Operazioni in  cui si distinsero in modo speciale le Camicie Nere anche se non ne furono esenti reparti dell’Esercito. Va però ricordato che molti soldati italiani (tra loro decine di reggiani, a cominciare da Valdo Magnani) passarono nelle file partigiane jugoslave dopo l’8 settembre ’43.

Anche i “S’ciavi” seppero, nonostante tutto, distinguere tra soldati e camicie nere.

In sostanza, quando nella primavera 1945 le forze armate di Tito giunsero fino a Trieste, vennero al pettine nodi antichi, e selvagge forme di giustizialismo (contadini slavi contro padroni italiani) si intrecciarono a operazioni sistematiche di arresti, processi sommari, e anche infoibamenti sia di italiani che di slavi “collaborazionisti”, o ritenuti tali, degli occupanti italiani e tedeschi. E col 1947 iniziò il grande esodo verso una madrepatria non sempre benevola verso i profughi.

Tra di loro un nostro concittadino, Raul Marmiroli, che con serena e dolente onestà , rievocando la sua dolorosa esperienza di ragazzo di 9 anni costretto con la famiglia a lasciare l’Istria, così scrive:”si ripeteva all’incontrario la politica di sradicamento  delle popolazioni fatta dal fascismo” (L’avventura di crescere tra fronti e frontiere).

Ecco, con questo spirito occorrerebbe affrontare il tema drammatico delle Foibe e dell’Esodo. Lo stesso spirito con cui un altro esule, il poeta Biagio Marin, scrisse, parlando degli slavi:”Eran fratelli nostri sulla terra, / eran fratelli nostri sull’altar [….]/ Solo diverso il loro favellare […..] e loro erano i cani da scacciare. / E tu, Signore, hai visto il gran peccato / e hai mandato a noi l’uragano, / la tua grande mano che poi ci ha sradicato […].

Ecco, giusto parlare di Foibe e di Esodo, ma senza isolare questa tragedia dal contesto più generale in cui si colloca. In particolare quando si affronta il tema nelle scuole.

Il “contesto” non per giustificare, ma per capire gli eventi del Novecento nella loro drammatica complessità. Per esercitare una efficace educazione alla cittadinanza europea, per una riflessione necessaria sui temi della guerra e della pace. (Antonio Zambonelli)