V
A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z
Vecchi Gisberto (1911 – 1944)
Nacque a Correggio l’8 febbraio 1911 e risiedette in quella che al tempo era la frazione di San Martino, dove faceva il bracciante. Avvicinatosi all’antifascismo durante il servizio militare, aderì al PCI nel ’31. Venne arrestato nel ’36 con altri 81 militanti comunisti e condannato dal Tribunale Speciale a sette anni di reclusione per attività sovversiva, proprio perchè comunista. Vecchi infatti operava tra i lavoratori delle Officine meccaniche di Reggio Emilia e della Cooperativa muratori di Carpi. Per sopravvenuta amnistia, non scontò però tutta la pena e appena rimesso in libertà, riprese il lavoro clandestino, ma nel ’39 verrà nuovamente arrestato e condannato a 12 anni, ridotti a quattro soltanto perché il governo fascista cadde e sopravvenne l’armistizio. Dopo l’8 settembre ’43 riprese l’attività per il PCI, divenendo un organizzatore di spicco della Resistenza col nome di battaglia “Giuseppe” e riuscendo a sfuggire a vari tentativi di cattura. Con Saltini, Luciano Dodi e Lucio Rossi costituì il primo nucleo GAP già dal marzo ’44, inquadrato nella 37′ Brigata e fu nominato comandante del secondo battaglione. Morì in uno scontro armato coi fascisti a Fosdondo la sera del 1′ luglio ’44, quando il suo gruppo fu circondato, Vecchi generosamente attirò su di sé il fuoco dei fascisti e cadde crivellato di colpi, per consentire agli altri gappisti di sfuggire all’accerchiamento. In spregio e scherno, “Giuseppe” verrà impiccato all’ingresso delle scuole della frazione quando già era morto, come monito per la popolazione. Comandante irriducibile, verrà decorato con la Medaglia d’Oro al Valore alla Memoria
Vincenzi Sante “Mario” (1895-1945)
Dirigente militare e politico comunista, Sante Vincenti fu tra i primi a mobilitarsi all’interno dell’organizzazione clandestina comunista, divenne uno dei principali animatori dei G.A.P. e a tutti gli effetti “fondatore” della Resistenza reggiana insieme a Paolo Davoli, Angelo Zanti e Vittorio Saltini. Componente del Comando Unico Militare Emilia e Romagna, venne ucciso a Bologna il 20 aprile 1945. Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
I fratelli Vecchi. Una famiglia contadina nella Resistenza
Quando si accenna alla partecipazione dei contadini reggiani alla guerra di Liberazione, solitamente ci si limita a citare alcune gloriose famiglie che si impegnarono totalmente nell’azione diretta o nella collaborazione più stretta coi partigiani, e che pagarono poi questa loro scelta con sacrifici gravi in vite umane: i Cervi, i Manfredi, i Miselli.
Esempi certamente convincenti e toccanti della adesione contadina, tuttavia non i soli.
Pochissimi conoscono la storia dei Fratelli Vecchi.
Le loro vicende e il loro sacrificio rappresentano un valore ancora da scoprire. La memoria dei Vecchi, di Gavasseto, naturalmente è viva in particolare nei loro conterranei. Un Comitato locale, nel trentesimo della Resistenza, ha dedicato ad essi un opuscoletto, quasi un volantino. Ma quel lodevole fatto non è stato certo sufficiente a far conoscere questi martiri al di fuori della ristretta zona di Gavasseto.
Per riparare all’oblio quasi totale in cui per 35 anni è stato lasciato quest’altro tipico esempio, ci accingiamo ora, sia pur tardivamente, a tracciare un profilo di questa particolare famiglia di contadini partigiani, dopo aver preso contatto con le vedove, coi figli e con vari protagonisti che ai Vecchi furono vicini nei momenti della cospirazione e della lotta armata.
I Vecchi erano stati contadini da sempre. Vivevano su un fondo di 40 biolche che essi lavoravano a mezzadria.
Angelo, il padre, era morto nel 1940, la madre Caterina Fiorini, invece, era deceduta sin dal 1937.
Con la scomparsa dei genitori la famiglia poggiava pertanto sui quattro figli: Giuseppe del 1908, Gino del 1913, Onesto del 1915 e Giovanni del 1920, interamente impegnati nel duro e poco redditizio lavoro dei campi. I parenti superstiti ricordano oggi una vita di sacrifici e di ristrettezze se non proprio di fame. I patti colonici capestro, lasciavano allora i mezzadri nell’indigenza.
Col fascismo, nonostante la demagogia ufficiale, non migliorarono certo le condizioni della famiglia, che tuttavia cresceva a causa dei matrimoni dei fratelli.
Le cose non andavano lisce quanto alla politica. I Vecchi, come una grande parte dei contadini reggiani, badavano soprattutto al lavoro, indifferenti e scettici di fronte al grande agitarsi dei fascisti.
Il vecchio Angelo, nel corso del “ventennio”, aveva ripetutamente rifiutato la tessera del fascio, a costo di farsi la fama di avversario del “regime”, cosa assai scomoda in quei tempi.
La guerra di Abissinia fu il primo campanello d’allarme che risuonò all’interno della famiglia: Gino venne spedito in Africa e, poco dopo il congedo, fu nuovamente richiamato alle armi.
A sua volta Onesto fu richiamato nel 1941 e mandato in Russia con il Corpo di Spedizione Italiano. I famigliari lo ricordano piangente alla partenza, quasi presentisse di non tornare. E infatti non tornò: fu dichiarato disperso e la moglie, alcuni anni dopo, ottenne la dichiarazione di morte presunta… (di Guerrino Franzini)