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A B C D E F G H  I L M N  O P Q  R S T U V Z

Gennari Lorenzo “Fiorello” (1921 – 1945)

Straordinario esempio di coraggio e dello spirito indomito dei garibaldini, è senz’altro il gappista Lorenzo Gennari, caduto il 13 aprile 1945 durante un violentissimo combattimento a Ghiardo di Bibbiano, tra partigiani e fascisti.

Dopo aver costretto i fascisti ad una iniziale ritirata, i partigiani dovettero in seguito tentare un non facile sganciamento, poiché sopraggiunsero in aiuto numerosi reparti nemici.
Assistito da una esigua pattuglia di quattro compagni, “Fiorello” tenne a bada i rastrellatori con il tiro di una mitragliatrice, mentre i partigiani manovravano per sottrarsi alla pressione fascista.
L’intento riuscì proprio grazie al sacrificio del valoroso gappista che, accerchiato, mantenne fino all’ultimo la sua posizione. Colpito a morte, cadde esausto ma non domo sulla sua arma, tanto che prima di spirare “Fiorello” ordinò ai suoi compagni di porre in salvo la preziosa mitragliatrice, gridando loro : ”Purté via la mitraglia e lassem che me!”. Questo supremo atto di attaccamento al dovere e di amore per la sua terra, è valso a Lorenzo Gennari il conferimento della Medaglia d’Oro alla memoria, massima onorificenza al valor militare.

Gilioli Ennio e Marino

I cugini Ennio e Marino Gilioli erano due giovani da poco arruolatisi nelle formazioni partigiane. Parteciparono alla battaglia dello Sparavalle il 10 giugno 1944 e, non riuscendo a sfuggire, insieme ai compagni, durante il ripiegamento sul Monte Campestrino, vennero fatti prigionieri dopo una tenace resistenza e massacrati con il calcio dei fucili, nonostante uno di loro fosse ferito, entrambi furono fucilati sul posto dai fascisti. Il loro sacrificio è valso il conferimento per entrambi della Medaglia di Bronzo alla memoria

Grisendi Mario “Folgore” (1919-1945)

Proveniente da San Polo d’Enza, Mario Grisendi era un valorosissimo e molto attivo partigiano della 76° Brigata S.A.P. Da sempre antifascista e benché privo di una gamba, persa durante la guerra d’Africa, aderì alla Resistenza già dal febbraio 1944 con il nome di copertura “Folgore”, nel settore San Polo d’Enza, Quattro Castella, Bibbiano, fino a Ciano d’Enza.

Arrestato dai fascisti il 20 maggio 1944, venne rinchiuso ai Servi e a San Tommaso, dove rimase fino al successivo mese di settembre. Scarcerato per mancanza di prove, tornò a combattere nelle SAP e nel gennaio 1945 passò ai GAP di Montecchio. La sera del 20 gennaio 1945 si presentò con alcuni compagni partigiani, in una casa di spie fasciste presso Aiola di Montecchio. All’interno c’erano donne e bambini, l’intento di “Folgore” era unicamente quello di trarre in arresto i due fratelli al servizio dei nemici del nostro Paese, mai avrebbe permesso spargimenti di sangue. Così bussò più volte alla porta per intavolare la trattativa di resa. Riuscì ad entrare con un compagno, mentre altri due rimasero fuori per prevenire sorprese. Uno dei due fratelli si consegnò senza tante storie, mentre l’altro brigante nero saltò dalla finestra e dopo esser rientrato fulmineamente da una porta laterale, si portò alle spalle di “Folgore” che, incurante di voltarsi, credendo fosse il suo compagno, cadde senza vita abbattuto da una scarica di pistola. L’immediato sopraggiungere di una pattuglia nemica non permise ai partigiani di fare giustizia.
Nonostante la grave mutilazione, Mario Grisendi non indugiò nel dare il suo contributo alla causa della liberazione, tanto da ricevere la Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria.

Guaitolini Vasco “Biavati” (1914 – 1945)

Nativo di Mandrio di Correggio, nel novembre del ’43 aderì alla Resistenza nei gruppi sportivi della zona di Campagnola.

“Biavati”, di origine contadina, fu uno dei primi organizzatori della Resistenza nella bassa reggiana. Aveva lasciato i campi ed i fratelli per fare il partigiano, nel gennaio del ’44 gli venne affidato il compito di responsabile del Paramilitare di zona e nel febbraio dello stesso anno entrò a far parte dei piccoli gruppi armati. In marzo fu nominato Intendente di zona e successivamente Intendente di Brigata, spendendo ogni sua energia e l’intelligenza affinchè alla Resistenza, ovunque fosse, in pianura o in montagna, arrivassero gli alimenti indispensabili per continuare la lotta. Aveva tessuto una rete capillare di organizzazione che permetteva in pochissimi giorni di far giungere ingenti quantità di materiali nei posti e nei luoghi più impensati. Sorpreso in una casa di latitanza presso Canolo di Correggio insieme ad altri comandanti partigiani, dopo aver resistito all’assedio dei nemici, decisero di effettuare una sortita nel tentativo di rompere l’accerchiamento per potersi salvare.

Il giorno 25 gennaio 1945 “Biavati” morì in un impeto di coraggio, correndo verso una mitragliatrice, deciso a ridurla al silenzio per impossessarsene. Ad una decina di metri lanciò una bomba a mano contro quell’arma, ma la bomba non esplose; si fermò sorpreso ed in quell’attimo un colpo di moschetto lo colpì al capo facendolo stramazzare senza vita. Non paghi i tedeschi lo crivellarono di colpi insieme al compagno Abbo Panisi, quando già erano morti e per sfogare il loro livore, tolsero loro le scarpe, sparandogli alcuni colpi ai piedi. Con la sua morte la Resistenza perdeva un organizzatore capace ed un tenace combattente, l’impronta che aveva dato all’organizzazione rimase e permise ad altri di continuare con lo stesso ardore ed abnegazione che egli aveva saputo profondere. Decorato con la medaglia d’argento al valor militare insieme al compagno Abbo Panisi, caduto nella medesima azione.

Guidetti Valentina “Nadia” (1922-1945)

“L’EROINA DI PASQUA”
Dei tanti episodi che contrassegnarono la Resistenza reggiana, la vicenda di Valentina Guidetti è certamente uno dei più commoventi, emblema della drammatica giornata di lotta che si consumò proprio il giorno di Pasqua, 1° aprile 1945, presso Cà Marastoni.
Dopo gli interminabili mesi del gelido e nevoso inverno a cavallo tra il ’44 ed il ’45, tra le formazioni partigiane del nostro appennino era palpabile il sentore che la resa dei conti stava per sopraggiungere. Infatti proprio la notte del 1° aprile, dopo essere stati ripetutamente respinti sul fiume Secchia alla Gatta, i tedeschi sfondarono le linee partigiane presso Cerrè Marabino giungendo fino al Monte della Castagna ed isolando il Distaccamento “Orlandini” della 26° Brigata. Occorreva pertanto ripristinare il collegamento col Comando di Battaglione, compito che assunse volontariamente la giovane Valentina Guidetti “Nadia”, senza tanto preoccuparsi di dover attraversare una zona violentemente battuta dai reparti tedeschi. La missione ebbe l’esito sperato, Nadia giunse felicemente a destinazione con il messaggio dei compagni rimasti isolati, tuttavia pur sconsigliata, volle riprendere la strada del ritorno per riferire le missive del Comando. Purtroppo, lungo il tragitto venne catturata. In mano al nemico subì un primo interrogatorio, percossa e seviziata, per non tradire i suoi compagni, non rivelò alcuna notizia e nessun nome ai suoi carnefici, così venne brutalmente uccisa a colpi di pugnale. Il suo corpo orrendamente mutilato, verrà ritrovato dai compagni riverso tra i rovi soltanto nel tardo pomeriggio ed in suo onore decideranno di ribattezzare il Distaccamento Orlandini proprio con il nome “Valentina Guidetti”.
L’eroico gesto di Nadia, limpido esempio di amore per la libertà, che animò tante donne durante la Resistenza, verrà giustamente riconosciuto con il conferimento della Medaglia d’Argento alla memoria.
Ecco perchè è stata definita “l’eroina di Pasqua”.