Dopo Didimo Ferrari, Eros, toccò a Vivaldo Salsi (1912- 2008) la conduzione dell’ANPI provinciale reggiana, dal 1949 al 1956, anni di drammatiche lacerazioni a livello internazionale e locale, lungo i quali l’ANPI si assunse il compito di una faticosa ricomposizione dell’unità antifascista in una provincia caratterizzata da fenomeni negativi quali lo smantellamento delle Reggiane, l’emigrazione di tanti lavoratori verso l’estero, le persecuzioni antipartigiane, mentre fascisti anche colpevoli di gravi reati ritornavano liberi per amnistia.
L’incarico di presiedere l’ANPI, anche se non abbiamo ancora reperito documenti relativi, deve essere stato affidato a Salsi quando, nel ’49, Eros era passato alla Federterra. E non cessò nel 1952 (come indicato in La memoria dei “rossi”, p. 529), poiché il 22 marzo 1953, quando si tenne il IV Congresso provinciale ANPI (come risulta dal “Nuovo Risorgimento”), Salsi è presidente in carica, anche se la relazione viene svolta da Alberto Vanicelli . Il 28 marzo si riunisce il Comitato provinciale eletto dal Congresso, per la nomina delle cariche. Salsi è confermato presidente. Vice Stefano Del Bue (Psi) e Gismondo Veroni (Pci). Alberto Vanicelli, Veleno, Segretario, avrà per tutta la presidenza Salsi un ruolo di primaria importanza, come dimostrano i carteggi che conosciamo: a lui si rivolgevano per questioni di rilievo personalità come l’avv. Vittorio Pellizzi (della FIAP, già prefetto della Liberazione) e dirigenti ANPI di varie province del Nord Italia. Suoi sono anche diversi articoli di fondo sul “Nuovo Risorgimento”, il settimanale nato nel ’45 come organo di un’ANPI unitaria, ma dal quale si dissociarono dopo il 1948 partigiani cattolici e liberali.
Del resto Salsi manteneva diversi altri incarichi: membro del Comitato federale del PCI dal 1945, curava l’attività del Cars (Comitato assistenza reduci e soldati), del Comitato di solidarietà democratica. In quest’ultimo ruolo ebbe molto da fare nel quadro drammatico delle persecuzioni antipartigiane, particolarmente intensificate dopo il 18 aprile 1948. Nel 1947 fu, con Aldo Iotti, fondatore dell’ANPPIA.
Oltre che dei partigiani perseguitati, Salsi dovette occuparsi anche della difesa dell’API, l’associazione dei Pionieri nata come A.G.E. (Ass. giovani esploratori) nell’immediato post Liberazione, qui a Reggio proprio col sostegno fondamentale dell’ANPI. L’API reggiana fu infatti oggetto di attacchi violenti da parte di settori della Chiesa locale, sfociati anche in processi per calunnia a carico di prelati.
In seno all’ANPI, negli anni della presidenza Salsi, nasceranno anche due importanti progetti: quello per il Museo della Resistenza e per l’Istituto storico della Resistenza. Articoli al riguardo compaiono sul “Nuovo Risorgimento” tra il 1953 e il 1954. L’Istituto venne fondato nel 1965 ed ha avuto notevoli sviluppi svolgendo ancora oggi (ISTORECO) un ruolo di straordinario valore culturale ed educativo. Anche il Museo ebbe realizzazione in una sala di Palazzo San Francesco, oltre la Gliptoteca, come conclusione del già esistente Museo del Risorgimento. Oggi, e da troppi anni, né l’uno né l’altro esistono più.
In quello stesso periodo, ed in vista del Decennale della Resistenza (1955), l’Ufficio storico dell’ANPI (animatore Guerrino Franzini) aveva deciso di dare vita ad una storia della Resistenza reggiana. Sul “Nuovo Risorgimento” del 21.11.1954 leggiamo che “si sta lavorando alla stesura”. Fu un lungo ma ancora oggi prezioso lavoro. Il volume, opera di Franzini, vedrà la luce nel 1966.
Nel 1956 Salsi viene eletto nella Commissione federale di controllo del PCI. Dal 1972, e fin presso la morte, sarà presidente dell’ANPPIA (Associazione perseguitati politici antifascisti). Come tale, ed ex “compagno di galera”, assieme a diversi altri reggiani, sarà in più occasioni a tavola con Pertini, qui a Reggio, quel Pertini che in una di tali occasioni ebbe a dire “Accidenti, al confino eravate tutti voi comunisti! Io ero l’unico socialista…”.
Dal confino alla lotta di liberazione
Vivaldo Salsi è nato a Reggio il 12 aprile 1912, in una famiglia cattolica del rione Gardenia. Il padre Carlo faceva il falegname. La madre Alberta Barchi, casalinga.
Dopo le elementari cominciò a lavorare a 12 anni, facendo vari mestieri, fino a quello del fabbro nella bottega di un artigiano.
A 18 anni, estate 1930, aderì all’organizzazione giovanile comunista le cui file si andavano infoltendo, nonostante le retate e gli arresti. Arrestato a sua volta il 16.03.1932, fece un anno di carcere venendo poi mandato al confino per un periodo che, con varie traversie dovute al suo carattere fiero e indomabile, avrebbe dovuto terminare il 20 febbraio 1942. Ma il direttore della colonia penale propose il prolungamento della pena all’isola di Ventotene. Quel direttore era Marcello Guida, che ritroveremo questore di Milano nel 1969, nei giorni della strage di piazza Fontana. Sicché Salsi, come tanti altri “galeotti” di Ventotene, tra cui Sandro Pertini, fu liberato soltanto nell’agosto 1943, in seguito alla caduta di Mussolini.
Di nuovo in contatto con i compagni reggiani, Vivaldo fece parte, come Eros, di quella sessantina di comunisti reggiani ex internati o esuli che diedero avvio alla Resistenza.
In clandestinità fin dal ritorno a casa, dopo l’8 settembre operò come dirigente della federazione comunista e partigiano della 37a Brigata GAP, col ruolo di Aiutante maggiore equiparato al grado di capitano .
Una curiosità: in un suo articolo sul “Nuovo Risorgimento” (20.07.1952), dedicato alla celebrazione del X anniversario della caduta del duce, Salsi scrive “alla sconfitta del 25 luglio il fascismo reagì con la guerra civile dopo l’8 settembre” (a.z.).