UN APPROFONDIMENTO SULL’ECCIDIO DI PONTE CANTONE E SUL MONUMENTO ERETTO NEL DOPOGUERRA

L’atto di guerra partigiano di Ponte Cantone del 12 febbraio, come diversi altri compiuti  in quel periodo lungo la via Emilia, era rivolto, su disposizione dell’Alto Comando Alleato, a contrastare l’afflusso di rifornimenti tedeschi verso Bologna, città vicina allora alla linea del fronte.

Il comando tedesco ordinò subito una violenta rappresaglia, dando esecuzione alla inumana legge di guerra nazista che prevedeva l’uccisione di dieci ostaggi per ogni soldato tedesco morto per mano partigiana.

I venti giovani partigiani, in gran parte parmensi e piacentini, prelevati dalle carceri di Parma, giunsero  la sera del 14 febbraio a Ponte Cantone. Vennero disposti su due file, le mani legate dietro la schiena con il fil di ferro, e fucilati con feroce freddezza da un plotone di esecuzione tedesco. Furono lasciati per tre giorni nella neve con il tassativo divieto a chiunque di rimuoverli, come monito alla popolazione allo scopo di terrorizzarla. Chi in quei giorni transitava sulla via Emilia non poteva non osservare con orrore quei corpi abbandonati nella neve a pochi metri dalla strada e coglierne i lineamenti stravolti del viso, fissati dalla morte cruenta subita.

Oreste Tosini, il partigiano  sopravvissuto alla fucilazione, essendo stato protetto dal corpo di un compagno, gravemente ferito ma non in pericolo di vita, si trascinò nei campi circostanti e trascorse la notte all’addiaccio. Al mattino venne visto e soccorso da alcuni abitanti del Cantone e trasportato dal giovane Sergio Garimberti, assieme al curato don Italo Paderni, nella canonica di Calerno. Nonostante le pressanti richieste del curato alle autorità di occupazione perché gli fosse risparmiata la vita, egli venne prelevato dai soldati tedeschi, ucciso barbaramente con un colpo alla nuca sul ponte del torrente Quaresimo tra Cadelbosco e Roncocesi e gettato nelle acque del torrente.

Dopo la guerra, la popolazione di Calerno e Sant’Ilario diede subito avvio ad una sottoscrizione e prestò lavoro volontario per erigere un ambulatorio-monumento a ricordo dell’eccidio e del sacrificio della vita di tanti partigiani – il più giovane aveva 17 anni, il più vecchio 30 – che si erano battuti generosamente per abbattere il regime di terrore nazi-fascista e contribuire a conquistare per il nostro paese la libertà e la democrazia.

L’ambulatorio-monumento venne inaugurato il 30 maggio 1946 e da allora ogni anno, in una domenica di metà febbraio, viene commemorato l’eccidio di Ponte Cantone con la partecipazione di autorità, familiari, cittadini, dei gonfaloni dei Comuni da cui provenivano i martiri e di quelli delle associazioni partigiane.