Le Strade della Memoria

DON ANSELMO MORI

1871-1957

Sacerdote e Storico

Io mi chiamo Anselmo Mori, sono nato il 2 aprile 1871 in una famiglia numerosa a Brescello, ho infatti 10 fratelli. Fin da piccolo ho studiato per diventare sacerdote.

All’ età di 33 anni sono stato scelto per fare il parroco a Campagnola dove rimasi fino al 1904. Da quest’anno in poi ho esercitato il mio ministero a  Gualtieri, prima, come diacono accanto a Don Attilio Pagliari, poi, nel 1911, come parroco. Qui sono rimasto fino al 1957. Nel mio tempo libero studiavo con dedizione e impegno il territorio di Gualtieri e imparavo cose sempre nuove sulle risorse  e le bellezze di questo paese e del territorio circostante. Mi sono dedicato allo studio approfondito  della storia della comunità laica e religiosa della bassa-reggiana e ho collaborato alle ricerche archeologiche su Brescello, Boretto e Gualtieri. Ho pubblicato diversi libri sulle mie ricerche e sui miei studi su Gualtieri e dintorni. Le mie opere costituiscono un’importante documentazione della storia locale.

Insieme ad altri sono stato l’artefice della fondazione della “Cassa Rurale e Artigiana” di Gualtieri nel 1895. Più tardi, nel 1937, in pieno regime fascista,  mi sono battuto con caparbietà e tenacia per difendere questa istituzione di credito locale in un momento in cui la dittatura del duce voleva ridurre drasticamente il numero di tutte le “Casse Rurali Cattoliche” presenti in Italia.

Ho sempre cercato di mettere in atto il motto evangelico “Colligite fragmenta, ne pereant”, cioè “Raccogliete i pezzi perchè non vadano persi” .

Il mio cuore si è spento la mattina del 13 novembre 1957 e ho dovuto abbandonare tutte le persone a me care. Sono stato sepolto all’ingresso della chiesa di Gualtieri come volevo. Mi è stata dedicata una via perché in questo paese sono stato parroco per ben 46 anni, ma soprattutto perché ho amato e studiato la città di Gualtieri con grande passione durante tutta la mia vita, legandomi alla storia e ai destini dei suoi cittadini.

 

Valentina C., D. Simone, Tommaso Z.

 

 

GIOVANNI BIGLIARDI

1909-1945

Partigiano

Il mio nome è  Giovanni Bigliardi,  sono nato a Cadelbosco Sotto  in Provincia di Reggio Emilia il 14 luglio 1909 ma ho abitato per lungo tempo a Santa Vittoria, una frazione di Gualtieri. Sono andato a scuola fino alla terza elementare.

A  35 anni divenni partigiano,  precisamente il  10 settembre 1944 , arruolandomi nella 77^ Brigata S.A.P.  Qualche mese dopo, nell’aprile del ’45, proprio a Santa Vittoria  alcuni partigiani aiutati da sapisti di Gualtieri riuscirono a circondare e a fermare  i tedeschi in ritirata intimando loro di deporre le armi. I tedeschi accettarono di arrendersi  in cambio della possibilità di andarsene alla spicciolata, ma furono poi nuovamente fermati da altri partigiani nei pressi del Po, dove, nel  bosco di Gualtieri, furono catturati 150 tedeschi. Era in atto l’insurrezione generale. I partigiani di Santa Vittoria presero altri tedeschi e imprigionarono  i fascisti locali per sottrarli al pericolo di  linciaggio. Tutta la riva del Po, da Boretto a Guastalla era gremita di militari nazisti in fuga che cercavano inutilmente di attraversare il fiume.

Mentre da tutte le parti colonne di tedeschi erano in fuga, il presidio dei nazisti a San Girolamo di Guastalla era purtroppo ancora attivo e procedette alla fucilazione dei partigiani gualtieresi arrestati i giorni precedenti;  tra questi, insieme alla famiglia Rossi,  c’ero  anch’io. Era il 23 aprile 1945. Fui ucciso appena due giorni prima della liberazione dall’occupazione tedesca  e dalla fine della guerra.

Il  consiglio comunale nell’anno 1964 , il 22 maggio alle ore  9:00 nella Sede Municipale di Gualtieri, decide e delibera di cambiare la denominazione di alcune strade. In mio onore fu cambiato il nome di via Belluccello, posta nella frazione di Santa Vittoria, in   via Giovanni Bigliardi.

 

 

Khteeba, R. Daniele,   Asia ,   Miriam

 

 

                                             

NICODEMO GASPARINI

1847-1946

Sindacalista

 

Il mio nome è Nicodemo Gasparini ma tutti mi chiamano “Nico”.

Sono nato nel 1874 a Gualtieri, una piccola cittadina sulle rive del Po.

Appartengo a una famiglia numerosa, anche se di modeste condizioni.

Sono fratello minore di Germano che è stato sindaco di Gualtieri per sette anni e che abbiamo sostenuto molto durante tutto  il suo mandato .

Da giovane sono stato un appassionato sindacalista ed ero tra i primi socialisti Gualtieresi. Ho vigorosamente sostenuto le risaiole, anche note come “mondine”, cioè le donne di tutte le età che lavoravano duramente in risaia, prendendomi a cuore la loro situazione e  impegnandomi  con instancabile tenacia per far ottenere loro dei regolari e giusti contratti di lavoro.

Sono stato un ottimo e fecondo oratore; ero molto popolare in paese dove ero considerato un uomo  coraggioso e intraprendente ed ero sinceramente amato e benvoluto dai lavoratori e dai cooperatori.

Durante il percorso della mia vita ho partecipato alla costituzione della camera del lavoro di Guastalla che ho gestito per  ben vent’anni, ma sono stato poi costretto dai fascisti  a interrompere la mia attività e mi sono trasferito a Parma, dove ho svolto il lavoro di assicuratore.

Sono morto nel 1946 a Gualtieri all’età di 72 anni.

Per quello che ho fatto in vita mi hanno dedicato una  via nel mio paese.

Sono orgoglioso del mio percorso e di essere  ricordato.

 

Maria, Margherita, Elisa e Jawad  III°B

 

 

SERAFINO PRATI

1905-2000

Partigiano/politico

 

Mi chiamo Serafino Prati e sono nato il 9 aprile 1905. Per sostenere la mia famiglia smisi di andare a scuola e cominciai a lavorare come servitore presso una famiglia di contadini, ma a 12 anni scappai  per andare a mondare e tagliare il riso nel Vercellese. Quando avevo 17 anni cominciai a lavorare nella Cooperativa braccianti di Gualtieri e da questo momento si può dire che iniziò la mia carriera politica, con l’adesione al partito socialista;  ebbi la grande fortuna di conoscere Camillo Prampolini che mi darà numerosi e importanti insegnamenti ai quali rimasi sempre fedele. Il 24 ottobre 1924 emigrai a Collegno in provincia di Torino. In quegli anni presentai domanda di assunzione all’ istituto psichiatrico di Collegno in qualità di  infermiere ma venni rifiutato,   riuscii invece a farmi assumere alla FIAT da dove però,  poco tempo dopo, venni licenziato. Fui costretto a tornare a Gualtieri nel 1927 e dovetti lavorare in qualità di operaio a giornata come e quando capitava. Nel 1932 mio padre si ammalò di ulcera e morì. In quegli anni iniziai a scrivere versi satirici contro il fascismo rischiando di essere spedito al confino. Nel 1933 fui fermato dai carabinieri per aver diffuso dei volantini incitanti le risaiole a non partire se non avessero ottenuto un aumento della tariffa. Fu  durante una di queste campagne che mi fidanzai con la mondina Olimpia Terzi di Gualtieri: la sposai il 30 ottobre dello stesso anno.

Durante al seconda guerra mondiale partecipai alla Resistenza e contribuii  alla ricostruzione della CGIL nel periodo della clandestinità. Dopo la guerra, nel 1945, fui eletto presidente della Cooperativa braccianti di Gualtieri. In quello stesso anno divenni consigliere del consiglio d’amministrazione del Consorzio Cooperativa Produzione Lavoro. Fui scrittore autodidatta e poeta naif di una certa originalità. Continuai intanto a partecipare attivamente alla vita politica della città di Gualtieri finchè nel giugno del 1951 ne divenni il sindaco: era l’anno della grande alluvione. Venni rieletto più volte sindaco di Gualtieri e nel  periodo della mia amministrazione del Comune dovetti affrontare e gestire le spinose problematiche sociali del dopoguerra.

Per la mia gestione umanitaria e apolitica delle liste dei nullatenenti e  dei disoccupati mi guadagnai l’appellativo di SINDACO DEI POVERI. Dopo una lunga carriera mi spensi il 28 dicembre del 2000, ero l’ ultimo seguace di Camillo Prampolini da cui appresi l’amore per la libertà e la giustizia sociale, la necessità di lottare per l’affermazione dei diritti dei più deboli, degli sfruttati e degli oppressi, la repulsione per la violenza e l’imperativo dell’onestà.

 

REMO   SOLIANI

1926-1943

Partigiano

 

Mi chiamo Remo Soliani, sono nato il 16 febbraio 1926. Sono figlio di Soliani Silvio e Carretti Giuseppina. Conducevo una vita tranquilla a Gualtieri nella mia famiglia benestante e lavoravo presso l’oleificio  di mio padre a Guastalla. Ero un ragazzo allegro e vivace e  andavo ogni giorno al lavoro in bicicletta  insieme a mia cugina Iride, alla quale ero molto legato.

Per arruolarmi partigiano sono partito da Gualtieri una sera di fine estate del ’43 e ho mentito alla mia famiglia dicendo che sarei andato a dormire da un amico (Magnani) a San Girolamo. Non rividi più i miei cari.

Partii da Gualtieri con un compagno, Melchiorre Davolio: eravamo decisi ad unirci agli americani, di cui ascoltavamo le imprese alla radio, ma per raggiungerli dovevamo passare la linea gotica. Fummo quindi mandati al di là delle linee tedesche per raccogliere informazioni utili al nascente movimento partigiano. I tedeschi però ci fecero prigionieri, ci misero in fila e cominciarono una selezione, mandando, a gruppi di tre, alcuni da un lato e altri da un altro; il mio amico riuscì a tornare a casa, io no.

Si dice di me che morii combattendo contro i tedeschi presumibilmente il 19 dicembre 1943, avevo  17 anni.

Invano mi attesero i miei famigliari ai quali fu data solo comunicazione verbale del mio decesso poiché non sono stati  trovati certificati della mia morte.

Nel 1964, con delibera comunale,  mi dedicarono una via a Santa Vittoria.

 

 

VITTORIO  CHIERICI

1893-1972

Cooperatore

 

 

Io  mi chiamo Vittorio Chierici e  sono nato nel 1893 a Gualtieri.

Fin da piccolo ero appassionato di politica e animato da un grande sentimento di amor patrio, quindi mi arruolai per mia volontà e partecipai alla 1^ guerra mondiale. Per il mio valore militare ricevetti il titolo di Cavaliere di Vittorio Veneto.

Dopo la guerra fondai la  Cooperativa Muratori di Gualtieri di cui fui presidente per quarant’anni riuscendo  a mantenerla in vita anche durante il ventennio fascista e impegnandomi a fondo per farne il punto di riferimento di un sistema economico basato sulla solidarietà e sulla dignità del lavoratore. Per questo fui insignito dell’onorificenza di Cavaliere del Lavoro e decorato con  medaglia d’argento per l’opera svolta a servizio della vecchia e gloriosa Lega Nazionale delle Cooperative. Ottenni anche la medaglia d’oro per la fedeltà al lavoro e il progresso economico della Camera di Commercio.

Sono stato diligente custode per  50 anni del Teatro Sociale di Gualtieri e per questo mi diedero un’altra medaglia d’oro.

Fino al 1969 sono rimasto  consigliere della locale Cassa Rurale di cui fui socio e  fondatore.

Sono morto  nel 1972.

 

Luigi, Giulia, Alessio e Ylenia 3° B

 

GIACOMO BIGI

1925 – 1945

Partigiano

Mi chiamo Giacomo Bigi. Sono nato a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, il 13 novembre 1925. Mio fratello è caduto in Russia.
Sono stato arruolato partigiano nella 77^ brigata S.A.P. il 10 giugno 1944, a diciannove anni.
In questo periodo nel settentrione d’ Italia era in corso una guerra civile tra noi della Resistenza e i fascisti coi loro alleati tedeschi che dopo aver occupato le nostre terre cercavano di tornare verso Nord. Noi sapisti che presidiavamo S. Vittoria continuavamo a catturare tedeschi in fuga che poi consegnavamo agli americani. Intanto facevamo prigionieri i fascisti del posto perché non fossero linciati dalla popolazione insorta.
Nelle golene del Po e nell’isola di S. Simeone varie formazioni della 77^ brigata continuavano a bloccare la ritirata nemica e catturarono parecchie migliaia di tedeschi, fermati, nella loro fuga, dal fiume Po.
Io, senza lasciare né moglie né figli, sono morto fucilato dai tedeschi il 23 luglio 1945, a vent’anni, mentre mi battevo per la libertà della mia terra.

 

Bruno Rossi

1933 – 2015

Partigiano e socialista

 

Mi chiamo Bruno Rossi, sono nato nel 1933 e ho trascorso la mia infanzia a Santa Vittoria.

La mia famiglia, di fede socialista e decisamente  antifascista, era molto numerosa:  era formata da mio padre Giuseppe, mia madre Ines,  mia sorella Bruna e dai  miei  tre fratelli Giovanni, Adriano e Leotelmo . La nostra casa veniva chiamata casa gialla, ed era un rifugio di latitanza per i partigiani locali. Per un certo periodo ospitò  anche un macello clandestino che riforniva di carne le formazioni partigiane della pianura e della montagna.

A fine marzo del 1945, la mia famiglia accolse  due soldati tedeschi in fuga,  uno dei quali, proveniente dai Sudeti , ci tradì. Durante un rastrellamento dei tedeschi,  il 5 aprile, io e la mia famiglia ci rifugiammo presso degli amici a Gualtieri e così riuscimmo a sfuggire  alla cattura . Il 20 aprile, con la ritirata tedesca ormai in corso, riuscimmo a tornare a casa , ma il 21 aprile fummo sorpresi da un gruppo  di militari:  mio padre, mia madre, Bruna e mio  fratello Adriano furono  catturati e trasportati al  comando di San Girolamo.

Ricordo ancora mio padre che mi salutava con la mano mentre veniva portato via su un carretto, non l’avrei più rivisto.

Al comando mio padre e mio fratello furono interrogati e picchiati, anche mia madre e mia sorella subirono delle violenze. Il 23 aprile , i miei genitori e mia sorella furono fucilati, soltanto mio fratello Adriano riuscì a scappare e a salvarsi. Dopo pochi giorni la guerra finì e io trascorsi la mia infanzia in vari luoghi. Una volta  adulto  andai a lavorare come dipendende dell’Enel, e sono stato un convinto militante del P.S.I..

Ho partecipato alla vita politica del Comune di Guastalla come consigliere comunale e assessore nella giunta di CentroSinistra degli anni  ‘60.

Dopo lo scioglimento del partito socialista nel 1994 avevo continuato a militare nei movimenti nati dalla diaspora socialista, diventando segretario principale del nuovo P.S.I.

Sono morto il 10 maggio del 2015 all’eta di 82 anni all’ospedale di Reggio Emilia.

Mia madre

Mia sorella

Mio padre

Jaji, Olek, Stefano, Jacopo

 

 

Don Luigi Sturzo

Mi chiamo Luigi Sturzo, Don Luigi Sturzo, e sono nato a Caltagirone il 26 novembre del 1871.  Fin da piccolo fui di debole costituzione fisica e per tale motivo fui costretto a rimanere a casa e a non andare a scuola.

Studiai presso il seminario di Acireale, poi di Noto, e infine in quello di Caltagirone dove mi diplomai lo stesso anno del mio ingresso.

Nel 1894 fui ordinato sacerdote nella chiesa del Santissimo Salvatore.

Fondai l’Associazione dei Giovani ecclesiastici allo scopo di mettere in contatto i giovani delle diverse regioni d’Italia e promossi la costituzione di cooperative agricole, casse rurali e società operaie, nel quadro di un progetto di rinnovamento dell’economia meridionale fondato sulla media piccola proprietà, sul rifiuto del protezionismo e dell’assistenzialismo statale e sull’ampliamento delle autonomie locali.

Nel marzo del 1897 fondai “La croce di Costantino” un giornale di orientamento politico-sociale, che oltre a suscitare consensi suscitò anche l’ira dei massoni.

Nel 1898 mi laureai in teologia presso l’università Gregoriana di Roma.

In questo periodo il mantenimento dell’unità dei cattolici voluta da Papa Leone XIII, il Papa della “Rerum Novarum”, a cui ero molto vicino per le posizioni di pensiero, diventava sempre più arduo.

Verso i primi anni del ‘900 collaborai con il quotidiano “Il Sole di Mezzogiorno” e nel 1902 guidai i cattolici alle elezioni amministrative di Caltagirone.

Ero infatti convinto, e lo sono anche adesso, che i cattolici si debbano impegnare nella vita politica, la quale può essere mossa da princìpi cristiani. Il Cristianesimo è la principale fonte di ispirazione ma non l’unica.

La società deve saper riconoscere le aspirazioni di ogni singolo individuo, la società è socialista, si fonda, cioè, su libere e coscienti attività relazionali. La religione può influenzare, ma non può essere lo strumento di governo. La mia azione politica si baserà sulla centralità della persona e sul rapporto tra l’azione politica e la visione teorica della realtà.

Dal 1905 al 1920 fui pro-sindaco di Caltagirone e pronunciai il discorso “I problemi della vita nazionale dei cattolici”. Nel 1915 divenni vicepresidente dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia, e dal 1915 al 1917 segretario generale della Giunta dell’Azione cattolica.

Nel 1919 fondai il Partito Popolare Italiano, il PPI, che segnò l’inizio dell’attività politica dei cattolici e di cui assunsi la carica di segretario fino al 1923. Il 18 gennaio dello stesso anno lanciai “L’appello ai liberi e forti”, ricordato come l’evento più significativo dell’unità d’ Italia.

Il partito si presentava come un partito di ispirazione cattolico, ma laico e aconfessionale. Il suo programma, di impostazione democratica, si basava su punti fondamentali: il rispetto della proprietà privata, il rifiuto della lotta di classe, la libertà di insegnamento, la difesa della proprietà contadina e l’allargamento delle autonomie locali.

Fui avversario del centralismo di Giolitti e Mussolini, e resi il PPI una formazione molto influente nella politica italiana, tanto che un mio voto impedì a Giovanni Giolitti di assumere il potere nel 1922. Contrario alla partecipazione dei popolari al governo di Mussolini, nel congresso di Torino del 1923 riuscii a portare il PPI all’opposizione, facendo prevalere la tesi dell’incompatibilità fra la concezione “popolare” dello stato ed il fascismo totalitario.

Nel partito rimasero, però, in contrasto due anime: la sinistra contraria ad ogni accordo con il governo e la destra favorevole alla collaborazione. Alla fine le due correnti si accordarono per un’ambigua condotta, che durò solo una settimana.

La decisa posizione dei popolari al congresso provocò l’immediata reazione di Mussolini che il 17 aprile convocò la rappresentanza al governo del PPI per ottenere chiarimenti, dando inizio ad una dura campagna contro di me, soprannominandomi il “sinistro prete”. Inoltre presentandomi come un ostacolo alla soluzione romana fece in modo che perdessi anche l’appoggio delle gerarchie vaticane.

Alla fine di questa campagna fui costretto a dimettermi il 10 luglio del 1923, e iniziai a sostenere la secessione di Aventino, un atto di protesta attuato da alcuni deputati dell’opposizione contro il governo fascista in seguito alla scomparsa di Giacomo Matteotti il 10 giugno 1924, e a collaborare con i socialisti.

Nel 1924 fui indotto dal cardinale P. Gasparri a lasciare l’Italia e mi stabilii a Londra dove scrissi nel 1926 “Italy and Fascismo”, “Essai de sociologie” una tesi di sociologia nel 1935 e “Politics and morality” nel 1938, e poi mi trasferii a New York nel 1940.

Dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia nel luglio del 1943 ripresi i contatti con gli esponenti cattolici siciliani, ma feci ritorno in Italia solo nel 1946. Ripresi la mia attività politica, pur non aderendo ufficialmente alla Democrazia cristiana, e particolarmente dura fu la mia battaglia contro l’intervento statale nell’economia e la mia polemica contro la sinistra. Difesi la libera iniziativa con l’argomento dell’economicità e della libertà.

Nell’agosto del 1947 accettai la nomina dell’Assemblea regionale siciliana che mi elesse giudice dell’Alta corte per la Regione siciliana. Mantenni questo ruolo fino al 17 settembre del 1952 quando fui nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi.

Nel 1956 scrissi “Sul partito popolare italiano”.

Sono morto a  Roma all’età di ottantasette anni, oggi sono sepolto nella Chiesa del Santissimo Salvatore a Caltagirone.

 

 

GIUSEPPE DI VITTORIO

1892- 1957

Sindacalista e padre costituente

 

Sono Giuseppe di Vittorio e sono stato un politico sindacalista e antifascista italiano.

Ero fra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del secondo dopoguerra e,  a differenza di molti altri sindacalisti, non avevo origini operaie ma contadine. Sono nato infatti in una famiglia di lavoratori agricoli, la classe sociale più numerosa alla fine dell’Ottocento in Puglia; nacqui il 12 agosto 1892.

Ero figlio di braccianti che lavoravano la terra dei marchesi Rubino-Rossi di Cerignola.

Fui costretto anch’io  a lavorare nei campi dopo aver imparato a leggere e a scrivere sommariamente prima di ritirarmi da scuola, a causa della precoce morte di mio padre. Tenevo  un quaderno in cui annotavo termini ignoti che udivo, mettendo faticosamente da parte i soldi per acquistare un vocabolario.

Già nell’età dell’adolescenza  avevo iniziato un’intensa attività politica e sindacale. Dalle  iniziali  idee anarchiche passai al socialismo e a 15 anni fui tra i promotori del circolo giovanile socialista della città, mentre nel 1913 passai a dirigere la Camera del Lavoro di Minervino Murge.

Mi sposai due volte, la prima con Carolina Morra e dopo essere rimasto vedovo, a Parigi, nel 1935 mi risposai con la giovane giornalista Anita Contini.

Per le mie posizioni rivoluzionarie sono stato ricercato dalla polizia e dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, sono stato incarcerato  e mandato al confino, a causa del mio passato di “sovversivo”. Proprio mentre ero detenuto nel carcere di Lucera  venni eletto alla camera, nel 1921, in un momento in cui il  fascismo, con la sua spietata violenza, dilagava. Io ero tra i suoi più convinti oppositori, per questo fui arrestato.

A Bari, come dirigente della locale Camera del Lavoro, organizzai, nel 1922, una strenua difesa dalle violente azioni squadriste dei fascisti, ma poi intervenne l’esercito e sciolse la Camera del Lavoro.

Con l’avvento del fascismo in Italia e disciolti tutti i partiti e i sindacati venni condannato da un tribunale  speciale fascista a 12 anni di carcere: era il  1925; nel frattempo avevo conosciuto Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti e aderii al partito comunista. Più tardi mi rifugiai  in Francia dove assunsi l’incarico di responsabile della CGIL clandestina.

Nel 1941 fui arrestato a Parigi dai tedeschi, su richiesta delle autorità italiane. Fui poi trasferito in Germania e da qui in Italia.

Il regime fascista, mi condannò  al confino presso l’isola di Ventotene.

Nel 1943 fui liberato dal governo Badoglio e partecipai alla lotta per la liberazione.

Fui tra i principali protagonisti della nascita della CGIL unitaria e in seguito ottenni la nomina di presidente della Federazione Sindacale Mondiale.

Il mio impegno sindacale è sempre stato ispirato dalla convinzione  del valore sociale e culturale del lavoro; il sindacato doveva restare plurale e apartitico pur  avendo come obiettivo la difesa della democrazia e della Costituzione repubblicana. Ho sempre rifiutato l’uso della violenza nelle lotte di massa e nell’azione sindacale e ho lavorato per l’unità di tutti i lavoratori.

Nel 1946 sono stato eletto deputato all’Assemblea Costituente, quella che redigerà il testo della nostra Costituzione.

Morirò, il 3 novembre del 1957 a Lecco, dopo un incontro con i delegati sindacali.

 

LINO BONARDI

Mi chiamo Lino Bonardi, sono nato il 16/02/1921 a Gualtieri e sono morto il 04/06/1945. Data la mia breve vita, durata poco più di 20 anni , sono rimasto celibe e ho dedicato tutte le mie energie a fare il contadino e il partigiano, portando avanti la resistenza antifascista.
Nel 1943, i primi a scendere in campo politico e militare furono i vecchi antifascisti, per lo più latitanti. Nel gualtierese, dove la cospirazione del ventennio aveva avuto minore consistenza, le difficoltà del movimento di liberazione furono maggiori. Io feci parte del Partito Comunista Italiano (P.C.I.) insieme ad altri compagni gualtieresi occupandoci di propaganda, di rapporti politici con gli altri antifascisti e di recuperare armi.
Abitavo a Codisotto di Gualtieri e in casa mia abbiamo offerto alloggio ai fuggitivi. Erano presenti altre case di latitanza a Pieve Saliceto e a Santa Vittoria. Subito dopo l’8 settembre insieme ad altri antifascisti mi sono prodigato ad organizzare la Resistenza , per fornire i necessari appoggi logistici. Non fu facile l’organizzazione e neppure l’intesa fra le varie forze politiche, ma nelle questioni essenziali vi era accordo.
Verso la fine del 1944 fu costruita una vera a propria sezione con collegamenti stretti tra comunisti , socialisti e cattolici. Di questa sezione facevano parte 14 persone molto determinate a combattere, tra questi Mario Menozzi ( il burattinaio) che organizzò una riunione in una casa di Santa Vittoria che fu chiamata La Vecchia , dopo parecchi confronti e scambi di vedute si formò il gruppo partigiano di Santa Vittoria.
Cominciammo ad avere altri rapporti con gli alleati in seguito a combattimenti o incedenti aerei. Un giorno i fascisti vennero a conoscenza di questi “rapporti” con le altre sezioni ma, come già in passato era accaduto, i partigiani gualtieresi riuscirono a sfuggire alle ricerche fasciste.
Le armi venivano recuperate in vari modi: sottraendole ai tedeschi o ai militi della brigata nera e poi nascoste nel campanile della vecchia chiesa, che era diventato un vero arsenale, a casa mia e presso la famiglia dei Rossi. Le azioni militari di recupero armi e di sabotaggio alle istallazioni nemiche iniziarono nell’inverno 1943-“44 ma la guerriglia vera e propria iniziò nella successiva primavera. Le formazioni partigiane presero sempre più forma e, accanto a queste si era sviluppato il “paramilitare”, formato da partigiani locali che di giorno svolgevano il loro lavoro abituale e di sera partecipavano al sabotaggio e alla guerriglia contro i fascisti. L’8/7/1944 subentrarono le S.A.P. (Squadre di Azione Partigiana) molto più organizzate sui criteri geografici e politici, raggruppate in settori con giurisdizione comunale o intercomunale. L’organizzazione faceva capo al comando provinciale SAP che, unitamente a quello dei GAP, era sottoposto al comando piazza. Tra SAP e GAP vi era una differenza fondamentale. I sapisti erano per lo più non latitanti e avevano un ruolo di collegamento, svolgevano azioni di propaganda e raccoglievano fondi, viveri , armi , comitati di difesa … ma col tempo acquisirono sempre più un ruolo di iniziativa di guerriglia. I settori si trasformarono in distaccamenti, le zone in battaglioni, raggruppati prima in una, poi in due brigate:la 76a con giurisdizione dalla via Emilia alla collina e la 77a con giurisdizione dalla via Emilia al Po. Io mi arruolai il 18 agosto 1944 nella 77a Brigata SAP.
Nel periodo conclusivo della guerra, la mobilitazione divenne permanente e non ci furono più intervalli fuori servizio. Al tempo del “Paramilitare”, organizzai, insieme a Cesare Grazzi le prime squadre di azione nella giurisdizione del capoluogo. Con la sistemazione definitiva la formazione era divisa in squadre e io fui il comandante della squadra di Gualtieri.
In seguito alla lotta di Liberazione, contrassi una malattia e morii il 4/6/1945 dopo quattro mesi di degenza all’ospedale di Parma e dopo 5 mesi di servizio per la resistenza partigiana gualtierese.

 

PANIZZI ANGELO

Mi chiamo Angelo Panizzi, nacqui a Gualtieri il 2 agosto 1873 e vissi pienamente il periodo fascista, fui un socialdemocratico pioniere del movimento operaio gualtierese e mi adoperai durante la Grande Guerra come dirigente della cooperativa di consumo per calmierare i prezzi dei principali generi di consumo. Nel reggiano durante e subito dopo la guerra le cooperative di consumo incontrarono molte difficoltà dettate dalla mancanza di derrate e dalla difficoltà di mantenere prezzi bassi, questi problemi furono occasione di dissenso e di contrasti con l’amministrazione . I socialisti avrebbero voluto che il comune intervenisse anticipando i soldi per l’apertura di un asilo ( con refezione) per i figli di combattenti e per erogare sussidi a quei genitori inabili al lavoro. Gli aiuti furono insufficienti tanto che i rappresentanti socialisti di Santa Vittoria, tra cui io, inviammo una lettera ( 24 settembre) di dimissioni a mo di protesta, non volendo assumere la responsabilità di non aver fatto nulla per migliorare le condizioni di vita della comunità.

Le mie imprese finalizzate a migliorare le condizioni di Gualtieri all’epoca molto povero, non furono ben accette poiché ogni forma di unione politica si scontrava con il regime fascista.

Riuscii però a creare una nuova cooperativa agricola dato che molti credevano in me, ma non durò a lungo e fui costretto a chiuderla. Rimasi profondamente traumatizzato dalle persecuzioni subite non solo fisicamente ma anche psicologicamente tanto che arrivai al punto di togliermi la vita il  a Guastalla il 14 dicembre 1931 .

Negli anni sessanta ci una modifica di denominazione delle strade fra cui la Via Po che nel tratto fra Piazza Bentivoglio all’argine fu dedicata a mio nome.

 

Il 22 maggio 1964 alle ore 9 , delibera n. 46  il Consiglio Comunale , presieduto dal sindaco Serafino Prati, si riunisce  in sessione straordinaria , per modificare la denominazione di alcune strade comunali:

1.Via Pidocchio da sostituire con Via Soliani Remo

2.Via Belluccello da sostituire con Via Bigliardi Giovanni

3.Via Mattacoda da sostituire con Via Famiglia Rossi

  1. Via Malcantone da sostituire con Via Grossi Lodovico

5.Via Po da sostituire nel tratto fra piazza Bentivoglio all’argine Po della Statale 62 con Via Panizzi Angelo

INTERVISTA A PIERGINO CHITTOLINI ( 31/03/2007)

Vivendo nel periodo del Fascio fu molto perseguitato poiché Panizzi, socialista democratico, aveva delle idee di libertà che erano in contrasto con la dittatura del momento e quindi con Mussolini.

Venne picchiato, venne torturato con le classiche torture del periodo fascista: fu costretto a ingerire l’olio di ricino, ricevette bastonate, manganellate e percosse.

Voleva migliorare le condizioni del paese di Gualtieri, che era molto povero, c’era molta disoccupazione e se ci fosse stata una cooperativa finalizzata ad aiutare la popolazione per la maggior parte povera, sarebbe andata contro le idee fasciste, poiché i sostenitori del regime non permettevano di creare qualcosa di libero e autonomo .

Angelo Panizzi contribuì alla creazione di una nuova cooperativa agricola , nonostante le minacce, grazie al suo seguito, molti credevano nei suoi ideali.

Ma le sue imprese non furono affatto facili; le persecuzioni dei fascisti oltre a danneggiare il suo stato fisico, danneggiava anche il suo stato psichico.

La cooperativa fallì ma, essendo di una famiglia benestante, riuscì a risarcire tutti i soci con tutto ciò che possedeva. Non riuscì a sostenere il peso di quella situazione, profondamente traumatizzato dai maltrattamenti subiti; il processo di persecuzione durò così a lungo che ogni sua difesa mentale crollò portandolo al suicidio.

La chiesa non ammetteva il suicidio e la salma di Panizzi non fu seppellita in terra benedetta.

I suoi sostenitori più fedeli, coloro che avevano sempre creduto in lui e appoggiato ( tra cui il padre dell’intervistato Piergino Chittolini) non accettarono questa ingiustizia e quindi, la notte prima che venisse sepolta la salma, entrarono furtivamente nel cimitero e scavarono sotto la tomba dei suoi genitori, morti molto prima e vi misero il corpo di Panizzi.

Non è mai stato scritto il suo nome sulla lapide dato che fu sepolto “ abusivamente”.

Il padre di Piergino tramandò  al figlio l’usanza di portare ogni 1 maggio, giorno dedicato al Primo garofano, segno di rivincita e di forza e il 2 novembre, ricorrenza dei defunti, un garofano rosso in memoria di colui che contribuì nel suo piccolo ad arrivare all’Italia democratica di oggi.

 

VITTORIO PARENTI
Sono nato il 14/02/1923 a Gualtieri e sono morto a Guastalla il 07/02/2000 all’età di 77 anni.
Mi sono sposato il 13/08/1962 con Daolio Loredana ed ho avuto due figlie :Prisca nata il 22/01/1963 e Serena nata il 22/05/1964 e deceduta il 31/05/2015.
Nella mia lunga vita ho acquisito ruoli importanti , tra cui : organizzatore di un gruppo di partigiani e nell’ottobre 1943, Presidente del comitato di liberazione della frazione di Santa Vittoria; membro della Direzione Provinciale del Partito Socialista Democratico ;dal 7 gennaio 1947 segretario provinciale del Partito Socialista democratico di Reggio Emilia.
Inoltre ho ricoperto alcune cariche nel Collegio dei periti agrari; presso il Centro ricerche produzioni animali di Reggio Emilia e infine fu preziosa la mia collaborazione presso l’Istituto della storia della resistenza e della società contemporanea.
Durante la mia militanza come partigiano dal 16 maggio 1944 al 25 aprile 1945 mi sono prodigato nell’azione antifascista e ne fui protagonista.
A Santa Vittoria incontrammo, come ovunque, delle difficoltà nell’organizzazione del movimento. L’intesa tra le forze politiche non era sempre perfetta. Contrasti ce ne sono sempre stati, ma nelle cose essenziali c’era accordo. Aderirono alla Resistenza molti cattolici. Socialisti, che avevano fortissime tradizioni tra i lavoratori locali, i comunisti che con la guerra di liberazione crearono un forte movimento, si trovavano per la prima volta a lavorare per uno stesso scopo con i cattolici. Per Santa Vittoria era un fatto nuovo.
Nel 2004 mi fu dedicata una piazza nella frazione di Santa Vittoria, nonostante non fossero ancora passati 10 anni dalla mia morte. La decisione fu assunta dall’allora sindaco, dal vicesindaco e da due assessori, in qualità di portavoce di un’intera comunità , il 26 febbraio 2004 alle ore 17. La motivazione recava il riconoscimento della grandezza di un uomo che ha speso la sua vita per il bene comune.

 

RAGNI PROSPERO
Nacqui a Gualtieri nel 1862 e morii nel 1945.
Fui infaticabile organizzatore delle cooperative di Santa Vittoria, autodidatta e già dal 1890, ho dedicai la mia vita alla direzione della cooperativa del paese.
Venni arrestato per rappresaglia in quanto ero a capo di una manifestazione contro l’arresto di un bracciante arrestato per aver cantato l’inno dei lavoratori nella festa del 1° maggio nel periodo crispino fine Ottocento.
Venni delegato, quale militante socialista, al Congresso per la costituzione del Partito dei lavoratori nel 1892 a Genova.
Ero un tipo solitario , non mi sono mai sposato e per diversi anni sono emigrato in Africa, Francia e infine in Germania.
Tornato in paese ho continuato a collaborare nella cooperativa e ho lottato per riscattare i diritti della classe operaia. Fui presidente dell’unificata cooperativa dal 1912 al 1925 e riuscii anche ad acquistare l’azienda Greppi.
Conobbi Camillo Prampolini e con lui ebbi molti scambi in occasione di manifestazioni pubbliche e importanti riunioni che furono occasione di stimolo e di sostegno per i lavoratori al fine di resistere al caparbio egoismo padronale.
Fui uomo e dirigente militante di partito e diedi ai lavoratori di Santa Vittoria la forza di liberarsi dal servaggio capitalista.
Nella cooperativa di Santa Vittoria trovai la mia seconda famiglia e la riconoscenza della popolazione di Santa Vittoria , di Gualtieri e della Bassa Reggiana, cioè la stima per quanto ho saputo dare per il trionfo dei diritti umani e civili della classe operaia del nostro Paese.
La cooperativa fu istituita nel 1896 per aiutare l’intera popolazione dando ad essa un lavoro, infatti la cooperativa rappresentava l’economia di tutta Santa Vittoria.