Guerriglia a Villa Cella

Cella, Antica chiesa parrocchiale di San Silvestro

La frazione di Cella ha vissuto tutto il periodo della resistenza come epicentro di azioni passate alla storia. Infatti, mentre in montagna c’erano scontri quasi giornalieri in pianura le squadre di sappisti e gappisti non potevano affrontare in campo aperto le forze nazifasciste superiori in numero e in armamenti. Le squadre della pianura infatti erano squadre piccole, agili, che operavano principalmente di notte per mantenere l’anonimato e facevano azioni di disturbo del traffico e dei collegamenti e piccole azioni puntuali per recuperare armi ed equipaggiamento da mandare in montagna. Le attività di sabotaggio erano frequenti quindi in pianura, ma ancora di più sulla Via Emilia, nei pressi di Cella, continuamente attaccata da SAP e GAP per ostacolare il traffico nazifascista che transitava in gran parte su quest’arteria. In particolare la Via Emilia era usata dai nemici per comunicare tra i vari comandi provinciali e su questa importante strada passavano continuamente rifornimenti, equipaggiamenti ed armi nuove distribuite dai tedeschi ai vari presidi provinciali nazifascisti.

Sappisti e gappisti si mettono subito al lavoro e da novembre ’44 iniziano una serie di operazioni con ritmo serrato che non lascerà respiro ai nemici.  Già a fine ottobre sono partiti con lo spezzonamento della ferrovia statale tra Cella e Cadè provocando l’interruzione dell’importante traffico notturno. Il 6 novembre poi, sappisti e gappisti riescono a prelevare 18.000 colpi di mitra dal presidio fascista locale. Il 13 dicembre provocano il crollo di un ponte sulla Via Emilia facendo dirottare tutto il traffico sulla strada Reggio – Cavriago, rallentandolo. Dieci giorni dopo il distaccamento “Bixio” della 32° Brigata attacca un’autoblindata nemica sempre sulla Via Emilia. Il 4 gennaio disarmano due guardiafili, militi preposti alla sorveglianza contro le azioni di sabotaggio ai fili del telefono.

Ponte sul Quaresimo oggi

Il 15 gennaio i gappisti posizionano delle bombe sul Ponte Quaresimo e oltre a danneggiare il ponte infliggono quattro perdite ai tedeschi: un soldato semplice, un sergente, un capitano e un colonnello. Quest’azione di grande importanza infastidirà molto i nemici, che in seguito avranno un’orribile vendetta. Ma i gappisti non si fermano, infatti attaccano, il 26, un’autocolonna nemica ed incendiano 4 automezzi e la sera stessa piazzano mine presso il già danneggiato Ponte del Quaresimo colpendo una vettura tedesca andata distrutta e provocando due feriti e due morti tra cui un ufficiale. Il 27 due quadre dei distaccamenti “Piccinini” e “Ferrari” della 32° Brigata attaccano ancora una volta una vettura tedesca causando altre perdite.

Questa serie di attacchi importantissimi effettuati da qualche giovane del luogo all’esercito nazifascista è vissuta dai nemici come una provocazione e per tentare di erodere l’appoggio della popolazione civile di cui godevano i partigiani il Comando tedesco decise di organizzare due giorni dopo una rappresaglia, la rappresaglia del Ponte Quaresimo, tristemente nota come la prima di una serie di rappresaglie che interessano la zona durante la lotta di liberazione.  Inoltre i tedeschi ordinarono a tutti gli abitanti del luogo di affiggere gli stati di famiglia alle porte delle case, in modo da facilitare l’individuazione dei partigiani, che in pianura non erano clandestini, ma vivevano nelle loro case e di giorno continuavano normalmente la loro vita cercando di non dare nell’occhio.

Il 5 febbraio dei sappisti aprono il fuoco contro un treno militare e riescono ad immobilizzarlo. I fascisti reagiscono con un rastrellamento durante il quale trovano un rifugio partigiano e recuperano 10 moschetti e 4 pistole. Due giorni dopo i sappisti aiutati da alcuni membri della 144° Brigata Garibaldi attaccano una colonna di mezzi tedeschi sulla Via Emilia, danneggiandone 3 e provocando 10 tra morti e feriti. Nello stesso giorno altri componenti della 144° Brigata attaccarono altre due vetture tedesche uccidendo un soldato tedesco e ferendo il Comandante del Distaccamento. L’11 le Brigate nere fanno altre indagini nella zona ma senza risultato, mentre i sappisti fanno disertare molti soldati russi in sosta in una colonna nemica, che poi verranno inviati in montagna. Questa serie di duri colpi all’autorità nazifascista spinge i nemici a ricorrere ad un’altra rappresaglia, quella di Villa Cadè.

A marzo però i partigiani ricominciano le loro azioni. Il 2 un sabotatore della 144° Brigata aiutato dai gappisti, mina la Via Emilia e distrugge un mezzo blindato tedesco. Il 7 marzo gli stessi partigiani riescono a distruggere altri 2 mezzi tedeschi causando anche perdite tra i nemici.

Il 10 i sappisti distruggono il Ponte della Cava e il 14 distruggono gli stati di famiglia che i nemici avevano fatto affiggere alle porte in occasione della rappresaglia del Quaresimo. Durante l’operazione vengono scoperti ed attaccati dai militi della zona. I partigiani però reagiscono e riescono a mettere in fuga i fascisti che si rinchiudono nella caserma. Il 18 marzo i sappisti attaccano un’altra colonna di mezzi tedeschi. Uno di questi, che conteneva della carica per i cannoni esplode, causando 5 morti. Il giorno seguente i SAP fanno definitivamente crollare il Ponte Quaresimo e il ponte ferroviario impedendo ai nemici di transitare dalla zona per giorni.

Il 22 marzo i nemici organizzano un rastrellamento a tappeto, inviando 150 militi per la sola Cella. Quella giornata vengono arrestate 24 persone tra cui 6 sappisti della zona, che verranno liberati solo un mese dopo; si possono leggere le testimonianze di due di loro nel libretto “La Resistenza a Cella”. Inoltre i fascisti riescono a recuperare armi e materiale per il sabotaggio. Rinascono a catturare anche il Comandante Locale, che provò a opporre resistenza in un corpo a corpo ma fu ferito e poi picchiato. Il 25 durante un nuovo rastrellamento i sappisti vengono accerchiati e Delmino Spaggiari Carlino decide di proteggere i compagni con la via e proteggere il loro sganciamento. Si ucciderà per non darsi prigioniero.

L’8 aprile una squadra di gappisti si scontra con una pattuglia della Brigata nera causando dei feriti senza subire danni. Il 13 due sappisti e un garibaldino riescono a catturare 2 militi e prendono due moschetti e delle bombe a mano. Lo stesso giorno dei gappisti attaccano una vettura nemica uccidendo un tedesco.

Il 22 aprile, a ridosso della liberazione, il Comando riorganizzò le zone d’azione delle varie brigate partigiane in preparazione alle ultime lotte. Cella è inserita nella zona d’azione della 76° Brigata SAP, che comprendeva anche Masone, Gavasseto, Fogliano, Rivalta, San Bartolomeo, Codemondo e Cavriago. Gli spostamenti delle Brigate avvengono nella notte tra il 23 e il 24. Già il 23 aprile si intensificano gli attacchi e a Cella si distruggono 3 automezzi grazie alle mie, 7 tedeschi vengono catturati e i partigiani ne attaccano altri 30, salvati però dall’arrivo dei rinforzi con l’artiglieria.

Corte di Casaloffia e oratorio della B.V. della Neve

La ritirata massiccia dei tedeschi inizia già il 23 aprile e passa per il tratto Cella – Barisella – Casaloffia. Proprio qui l’aviazione alleata attaccò un grosso concentramento nemico colpendo mezzi e cavalli e causando più di 100 morti e molti feriti.

Il 25 infine si passa alla lotta in campo aperto, ostacolando il più possibile la ritirata tedesca, che comunque incontra un grosso ostacolo nell’attraversamento del Po. Anche a Cella ci sono stati combattimenti e i partigiani riescono a catturare due tedeschi.

 

 

LA PARROCCHIA DI CELLA

Una menzione speciale merita il parroco di cella e la sorella Luca e Agata Pallai. Entrambi convinti antifascisti democristiani, furono il centro del collegamento tra le truppe democristiane di montagna e di pianura, grazie ad Agata Luisa che operava come staffetta e al fratello Don luca che ospitava nella sua parrocchia giovani disertori che vestiva e sfamava e poi li inviava in montagna tra le fila partigiane. La canonica ha anche accolto in più occasioni riunioni del C.N.L. provinciale.

Antico complesso parrocchiale, oggi in rovina

L’opera di Agata Pallai fu fondamentale per tenere i contatti con la montagna: nei primi giorni del giugno ‘44 per esempio, dimostrò il suo coraggio e la sua dedizione, quando ordì un piano per liberare il Prof. Pasquale Marconi Franceschini, personalità importante della democrazia cristiana a Castelnuovo Monti, che ospitava ed assisteva disertori fuggiti in montagna. Marconi fu arrestato il 3 aprile e destinato alla fucilazione, con l’accusa di aver aiutato prigionieri alleati. Luisa infatti avvertì Eros al Comando Unico, del viaggio programmato per il 4 giugno, del Tenente Brino Feretti, aiutante del Console Onofaro e cugino dei Pallai, che doveva prendere la corriera per Collagna. I partigiani grazie all’informazione poterono organizzare un’imboscata a quella corriera, catturando il Tenente e il suo seguito, che poi fu utilizzato in uno scambio di prigionieri per liberare il Prof. Marconi e altri tre partigiani.

Il 30 novembre del ’44 vengono scoperti e incriminati con l’accusa di appartenere a bande armate “operanti contro le organizzazioni civili e militari della Repubblica Sociale Italiana”. Grazie all’avvertimento del Comandane di zona Lino Alvare Sbrigoli Luca, Agata e l’amica Caterina Brindani, la staffetta Lia, riescono a scappare appena prima che le Brigate nere si presentassero alla porta e si rifugiano così in montagna, dove continueranno il loro operato fino alla Liberazione.

Una delle figure più importanti della lotta di Liberazione, legato alla parrocchia di Cella, era Aldo Dall’Aglio Italo. Universitario e presidente di Azione Cattolica a Cella, Dall’Aglio combatte per l’esercito italiano sotto il fascismo e l’8 settembre ’43 riesce ad evitare la deportazione in Germania e torna dalla famiglia, dove rimane nascosto sostenendo il movimento di resistenza. Nel giugno ’44 sale in montagna dove entra nella 144° Brigata Garibaldi e prende parte a molti combattimenti decisivi. Diventa Comandante di Battaglione e nel dicembre passa alle Fiamme Verdi col titolo di Vice Comandante che mantiene fino alla morte, avvenuta in combattimento sul Monte Prampa. Per il suo sacrificio gli è stata riconosciuta la Medaglia d’Argento al Valor Militare e gli è stata intitolata una scuola elementare a Reggio Emilia.

Clicca qui per saperne di più sui Partigiani caduti di Villa Cella

Bibliografia :

  • Storia della Resistenza Reggiana di Guerrino Franzini
  • La Resistenza a Cella 25/4/1945 – 25/4/2015

Per approfondire:

  • Itinerario della Resistenza
  • Così… lungo l’eroica via di Agata Pallai
  • Partigiane e Patriote della Provincia di Reggio Emilia di Avvenire Paterlini
  • Mattone su Mattone di Renzo Barazzoni