CARRETTI GIUSEPPE “Dario”

CARRETTI GIUSEPPE – materiale catalogato

Giuseppe Carretti ebbe a presiedere l’ANPI reggiana per un quarto di secolo, dal 1976 al 2001. Furono gli anni  del terrorismo, di Gladio, del crollo del Muro di Berlino, della campagna antiresistenziale che fece seguito, 1990, alla confusa glasnost storiografica del “chi sa parli”, del berlusconismo; tutti eventi e situazioni a cui l’ANPI reggiana, e Carretti in prima persona, seppero far fronte con razionalità e passione. Ma furono anche gli anni delle grandi campagne di solidarietà internazionale, difesa della pace e dell’amicizia fra i popoli, che ebbero nell’ANPI reggiana un protagonista di primo piano: si pensi soltanto agli epici viaggi delle navi che dall’Italia portarono aiuti straordinari al popolo mozambicano liberatosi dalla dominazione coloniale, dopo una lotta sanguinosa, nel 1975: due anni di mobilitazione dell’ANPI reggiana fecero sì che nell’agosto 1990 la nave “Nuova Europa” sbarcasse a Maputo con un carico eccezionale; non solo le 45.000 zappe, ma medicinali, attrezzature sanitarie, materiali di consumo; si  pensi al centro di raccolta di Via Premuda, gestito per mesi da decine di volontari dell’ANPI, dove, tra le altre cose, si accumularono e si sistemarono centinaia di biciclette. Carretti animatore instancabile di questo prolungato ed eccezionale impegno, fino alla svolta fatidica del cambio di secolo ed alle nuove sfide di un mondo in profondo rivolgimento.

Il 26 novembre 1976 il Comitato provinciale eletto dal Congresso nominava Carretti Presidente. La sua presidenza è caratterizzata, oltre che dagli eventi ricordati, da alcuni precisi elementi distintivi: lo sviluppo del rapporto con la scuola, con tante iniziative ben documentate sulle annate di questa rivista; il coinvolgimento di tanti giovani studenti, di intellettuali, di artisti, di persone impegnate nel sociale, anche proprio attorno a quel “Notiziario” che, da modesto bollettino ciclostilato diventò una rivista stampata, rinnovata nell’impaginazione e nei contenuti, luogo d’incontro, di confronto e dibattito tra personalità, giovani e non, di vario orientamento culturale e politico. E Carretti personalmente, da direttore e da autore costante di interventi su vari temi, dava il la ad una impresa anche giornalistica che oggi, lo confessiamo, fatica a reggere soprattutto in ragione dei costi economici.

E proprio da giornalista, da analizzatore dei fenomeni politici e di costume, Carretti ha dato un contributo costante, con la sua limpida scrittura, su ogni  numero di questa rivista. Continuando anche dopo il 2001, non più presidente e anche dopo la rinuncia alla direzione, fino a che la salute glielo ha permesso. Il suo ultimo scritto, mentre era in vita, è apparso su queste pagine nel settembre 2005, pochi mesi prima della morte. E’ un appassionato e argomentato appello per una mobilitazione unitaria tale da raggiungere la vittoria del centro sinistra alle elezioni politiche della primavera 2006. Nella circostanza formulava anche una profezia:  “i crescenti pericoli di attacchi terroristici sono anche la conseguenza della presenza militare italiana nella sanguinosa guerra irachena” .

 

Da servitore contadino a intellettuale di tipo nuovo (1923-2005)

Carretti è nato a Villa Cella (RE) il 25 gennaio 1923 in una famiglia di “casanti” poveri, famiglia che poi si trasferì a Villa Seta di Cadelbosco, dove Peppo (come veniva chiamato in famiglia) trascorse l’infanzia e la giovinezza. In quella frazione ebbe modo di frequentare soltanto quattro classi delle scuole elementari. Proprio come Didimo Ferrari (e come tanti altri figli di famiglie proletarie all’epoca) a 11 anni, fu già messo al lavoro per aiutare la famiglia (aveva 4 sorelle e un fratello minore) come servitore presso una famiglia contadina. Vi rimase per cinque anni.

“Non potrò mai perdonare al fascismo – ebbe più volte a dire – di avermi privato della cultura costringendomi, ancora bambino, ad un duro lavoro”.

A 16 anni Giuseppe passò al mestiere di garzone muratore: ecco allora le lunghe pedalate da Villa Seta a Reggio come addetto alla costruzione di nuovi capannoni alle O.M.I. Reggiane, in espansione per le esigenze della produzione bellica.

Nel suo bel libro sulla storia di Cadelbosco (I giorni della grande prova, 1964) Carretti  rievoca un drammatico episodio del 1941, relativo alla guerra mondiale in atto: “L’8 ottobre, quando rientrai dal lavoro, trovai le mie quattro sorelle ed il fratello che piangevano per l’arresto di nostra madre. In casa non avevamo un soldo e per soffriggere una fetta di lardo con la quale condire la minestra facemmo fuoco con degli steli di granoturco (malghet). Dalla questura, alla quale mi rivolsi per avere il nulla osta onde entrare nelle carceri di San Tommaso, ebbi questa risposta:’Se lei fosse un vero italiano, dovrebbe vergognarsi di essere figlio di una sovversiva’”.

Sua madre, Santa Arduini, e altre nove donne, erano state arrestate per aver partecipato, con decine di altre compagne, ad una manifestazione per la pace e per il pane  davanti al municipio di Cadelbosco. Rimasero in carcere per 56 giorni.

“Mia madre – ha ricordato una volta Peppo – mi ha insegnato, più coi gesti che con le parole, a ribellarmi alle ingiustizie”.

Ad una società ingiusta, alla violenza della dittatura fascista, alla guerra, all’occupazione nazista, Carretti rispose infatti, diciannovenne, salendo in montagna nelle file partigiane. Vi salì a piedi con una quarantina di compagni, tra cui Mirko Marmiroli, lungo il sentiero  dalla pedecollinare alla casa Roma, nei pressi di Grassano. Erano in gran parte disarmati, disponendo in tutto di 5 o 6 moschetti e un fucile da caccia.Salirono poi fino a Ròvolo, dove vennero assegnati ai vari distaccamenti appena costituiti: il Piccinini, il Bedeschi…Con loro c’erano anche Frigio (Guerrino Franzini), Otello Salsi, Luigi (Pio Montermini) , Walter Tarasconi.

Capo nucleo nella 26.a Garibaldi, poi capo squadra e comandante di distaccamento. Dario sarà infine vice com.te di battaglione nella 145.a.

Dopo il 25 aprile ’45, Carretti è subito impegnato come militante nel Pci e protagonista della Ricostruzione. Cerchertà anche sùbito, e con successo, di recuperare cio’ che il fascismo gli aveva negato sul piano culturale frequentando un corso serale  con cui riuscì a conquistare la licenza di terza media. Tra i suoi insegnanti anche Ezio Comparoni (noto come scrittore con lo pseudònimo di Silvio D’Arzo), grazie al quale – affermava -scoprì la bellezza della letteratura, della poesia, dell’arte.

Quella vera e propria “rivelazione” lo segnerà per sempre, facendo dell’ex braciànt ed la Sèda, come amava definirsi con qualche civetteria, un intellettuale di tipo nuovo.

Per decenni, e quasi fino all’ultimo, gli scritti, l’oratoria, le funzioni pubbliche (fu anche Sindaco di Cadelbosco dal 1960 al 1977) e il tratto umano di Carretti hanno manifestato quell’impronta.